Storia e Curiosità
Il raviggiolo, formaggio tipico prodotto nell’Alta Valle del Savio, è un raro e semplice latticino dal sapore delicato. Riconosciuto come presidio Slow Food e indicato anche dal gastronomo Pellegrino Artusi, nel celebre manuale La Scienza in cucina e l’Arte del mangiar bene, tra gli ingredienti per preparare i cappelletti romagnoli. Anche Manzoni, che ne era ghiotto, lo fa mangiare servito a Renzo di ritorno dalle disavventure milanesi. La prima testimonianza storica di questo formaggio risale al Rinascimento, quando fu portato in dono a Papa Leone X all’interno di un canestro ricoperto di felci. La ricetta del raviggiolo, di antica origine contadina, oggi viene usata anche dagli chef e dai ristoranti stellati del territorio.
Caratteristiche del raviggiolo
È un formaggio fresco a pasta bianca, dal gusto leggero, leggermente dolce e con una punta acidula; è di consistenza tenera e leggermente burrosa, difatti non presenta né crosta né buccia, ha una forma circolare poco compatta e molto sierosa, un’altezza che varia dai due ai quattro centimetri ed un diametro fra i dodici e i venti centimetri.
Ricetta del raviggiolo
Ingredienti (dosi per un raviggiolo):
1 l latte vaccino
1 cucchiaio di caglio
sale q.b.
Preparazione
Il tipico formaggio romagnolo viene prodotto a richiesta solo nei mesi compresi fra ottobre e marzo. Si può preparare anche in casa, aggiungendo il caglio al latte intero tiepido, vaccino oppure ovino, anche se alcuni produttori aggiungono piccole quantità di latte caprino per irrobustirne il gusto; dopo circa un’ora si deposita la cagliata, senza romperla, su stuoie di vimini o plastica o su foglie di felci per far scolare il siero durante la notte. Al mattino lo si sala appena ed il giorno dopo è pronto per essere consumato. È importante consumarlo fresco, entro pochi giorni dalla preparazione, e conservarlo ben coperto in frigorifero.
Ottimo se accompagnato a vini bianchi fermi e leggeri; buono anche come spuntino, semplicemente con un filo di olio extra vergine di oliva.