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Sarsina, si sa, è ricchissima di edifici e reperti romani. Qui si cammina sopra oltre 2000 anni di storia, e il recente ritrovamento del Tempio Capitolino è l’ennesima prova di quanto la città fosse importante.

 

La scoperta

 

Qualche anno fa, vista l’esigenza di avere una struttura sportiva, è stato creato un progetto che prevedeva un palazzetto sportivo ed un centro commerciale, il PALAPLAUTO. Dopo aver demolito l’esistente palestra non più adeguata all’uso, sono iniziati i lavori di scavo per le fondamenta. Sin da subito sono emerse antiche mura: da quel momento è stato affidato il cantiere alla Soprintendenza ABAP per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, che sotto la guida di Romina Pirraglia e Chiara Cesarini di IN TERRAS hanno riportato alla luce diversi resti che risalgono fino al I secolo a.C. Un ritrovamento portato all’attenzione del Ministero della Cultura e alla ribalta nei principali media italiani e non solo, dato che la notizia è arrivata anche sul sito della CNN.

Informazioni tratte dalla presentazione dei risultati preliminari relativi al Tempio, avvenuta il 23 settembre 2023 a Sarsina.

 

Primi elementi ritrovati

Il tutto è nato nell’approfondire il cantiere dell’opera pubblica che si sarebbe dovuta realizzare in loco. In primo luogo, è emersa una serie di strutture e  di edifici, inizialmente anche di minore impegno edilizio rispetto al successivo ritrovamento; ma fin da subito gli archeologi hanno compreso la grande presenza di ricchezza strutturale che faceva pensare a un’area densamente abitata.
Gli edifici trovati inizialmente sono difficili da ricondurre ad aspetti specifici ma, associandoli alle sepolture ritrovate nella zona, potrebbero essere legati alla sfera sacra. Si è ritrovato un edificio con un muro circolare, sicuramente un’abside e quindi la parte retrostante di un edificio più grande, il quale purtroppo prosegue oltre la zona degli scavi e quindi non potrà essere indagato, per la presenza di opere pubbliche già esistenti.
Una volta superato lo strato superiore di strutture forse altomedievali, sono affiorati dei muri poderosi fatti in opera quadrata di pietra arenaria. L’opera quadrata è una costruzione di elementi architettonici in blocchi parallelepipedi incastrati tra loro tramite fissaggi metallici e intonacatura che, uniti insieme, davano vita a monumenti imponenti dal punto di vista visivo. Inizialmente gli archeologi pensavano che il perimetro in tali blocchi di arenaria fosse solo la fondazione di quello che si sospettava già essere un tempio romano.

A partire da questo ampio perimetro di blocchi di arenaria, sono state rinvenute, all’interno e all’esterno del perimetro, delle sepolture tardoromane, quindi già di epoca cristiana. In epoca romana, infatti, non era consentito, per questioni igieniche e ideologiche, seppellire all’interno del confine cittadino. Le sepolture si presentano con materiali compatibili a quelli del Tempio, ovvero mattoni romani e coperture in grosse lastre di pietra. Le tombe sono costruite dentro i ruderi di un edificio classico utilizzando i materiali non più confacenti alla loro prima funzione. Queste tombe, in tutto quattro, sono state ricollegate all’edificio superiore con abside semicircolare.

La cosa che ha sorpreso molto gli archeologi è il fatto che sul campo non si erano imbattuti nel perimetro di fondazione del Tempio, ma solo l’ultimo dei filari perimetrali delle celle è stato individuato. Ciò si deve al fatto che, a partire da quella quota verso il basso, c’era il podio alto tre metri su cui il Tempio era sviluppato e in cui si è riconosciuta la fisionomia tipica di un tempio italico: tempio quadrangolare, esteso più in larghezza che lunghezza, su alto podio e quindi l’edificio era rialzato rispetto al piano di calpestio del cittadino. Da quel momento in poi, l’esplorazione della zona ha permesso di riconoscere l’edificio templare, i cui esempi in Italia sono veramente rari (a Brescia, ad esempio).

Dunque, il tempio è stato fondato in età repubblicana, nel I secolo a.C. Presenta un restauro in epoca imperiale che si traduce in un fastoso rivestimento in marmo rosso veronese, una pietra molto utilizzata all’epoca e in restauri coevi a Sarsina, come nel lastricato del Foro Romano o nei basamenti e nelle targhe civiche esposte nel Foro. Con il proseguire degli scavi si è potuto parlare di Capitolium, quindi specifico nell’ambito architettonico e sacrale di epoca romana.
Inizialmente si pensava che il Tempio contenesse solo due celle affiancate, poi, dirigendosi verso est, è stata ritrovata la terza cella. Un edificio di queste dimensioni a cella tripartita è un tempio capitolino, il genere di tempio principale delle tipologie romane, che ospita la triade sacra capitolina formata da Giove, Giunone e Minerva. Viene chiamato Capitolium perché il primo tempio della triade è stato costruito sul Campidoglio a Roma, sul colle sacro. Da lì in avanti tutti i tempi romani che ospitavano la triade sacra assumono sempre il nome di Capitolium.

Il ritrovamento è stato una scoperta stupefacente per l’archeologia sarsinate: siamo davanti all’edificio più importante della città ad oggi ritrovato, in quanto fulcro del senso religioso.

 

Colonne e statue mancanti

Purtroppo tutt’ora non ci sono tracce delle statue o delle colonne. La mancata conservazione di questi elementi si deve ai motivi tipici dell’impoverimento del mondo romano dopo la caduta dell’impero d’occidente. I grossi edifici, ormai considerati inutili per la vita cittadina dei cristiani, venivano smembrati in modo tale da utilizzare il materiale in altri edifici. Infatti non si confezionavano più mattoni o blocchi di pietra squadrata perché la povertà dell’epoca non consentiva di costruire nuovi edifici, ma solo reimpiegare materiali precedentemente utilizzati. La religione cambia, all’inizio del IV secolo, quindi le vecchie statue pagane, non più considerate sacre, vengono eliminate in favore del cristianesimo. Inoltre, va considerato che con il marmo si realizza la calce: una volta frantumato, questo viene cotto per lunghe ore, il calcare si sfarina e da qui si ricava la polvere che diventa calce e funge da legante per il cemento che serviva per costruire le opere edilizie.

 

Sepolture rinvenute

I defunti, sepolti in casse litiche, si sono conservati nei loro resti mortali. Sono state ritrovate le ossa, ma i corredi, essendo quasi assenti, non ci dicono molto riguardo ai defunti. Molto probabilmente non si trattava di persone particolarmente ricche: la ricchezza media a quell’epoca si era significativamente ridotta. Il fatto che le sepolture si trovassero all’interno delle mura ci indicano che il territorio ha comunque mantenuto il suo ruolo sacro, anche dopo l’età romana.
Al di sotto della terza cella gli archeologi hanno individuato un livello composto di un terreno di epoca preromana con un materiale fatto di ceramica umbra. Questi elementi fanno pensare che anche gli Umbri – popolo italico fondatore della città di Sarsina – avessero individuato quel territorio del pianoro come area sacra.
Se ne deduce che quest’area abbia ospitato tre ritualità: preromana, romana e cristiana.

 

Possibili collegamenti con reperti presenti al Museo Archeologico Nazionale di Sarsina

Quando la cooperativa di scavo ha iniziato a trovare i primi margini del perimetro di blocchi di arenaria, è subito saltata alla mente la vecchia notizia archivistica dei ritrovamenti della fine degli anni Sessanta. Da questi ultimi, infatti, si erano conservati ben cinque basi di colonna in marmo bianco, al tempo ricoverate al Museo. Alcune di queste basi hanno dimensioni notevoli, cosa che fa pensare a dei fusti di colonna poderosi.
La particolarità è che le cinque basi sono tutte diverse, dunque appartengono a colonne differenti, ma riconducibili alla stessa zona di scavo. Questo ci indica che, oltre alle colonne del Tempio, c’erano colonne di altri edifici pubblici, i quali sono visibili a noi oggi tramite dei frammenti custoditi al Museo. Un frammento in sé non ha la capacità di raccontare una storia completa, ma il fatto di poter avere un insieme di frammenti del territorio sarsinate è comunque un elemento importante che riconosce una varietà di decorazioni di grandi architetture.
Possiamo concludere che il Capitolium era il vertice architettonico di tutta una serie di edifici che esistevano a Sarsina. Questa fu una città di un’importanza da non sottovalutare soprattutto alla luce delle evidenze architettoniche che riportano edifici di un costo notevole, non solo per la costruzioni ma anche per il mantenimento e la restaurazione.

 

Tecnologia usata per la realizzazione del video pubblicato da MiC_Italia

Per realizzare il video mostrato alla presentazione è stata utilizzata la tecnologia LiDAR. Il drone agisce contestualmente al laser scanner, un apparecchio tecnologico che proietta una nuvola di punti, i quali danno la volumetria di ciò che gli archeologi scavano. Si tratta di una tecnologia superiore alle immagini bidimensionali, permettendo di far osservare i ritrovamenti con un vero e proprio senso del volume, in una realtà aumentata che, aggiornata con i dati dell’archeologo, riproduce  le reali dimensioni catapultandoci direttamente all’interno del Tempio.

 

Cosa ci si aspetta di trovare nella parte Sud

Inizialmente si provvederà a ricoprire momentaneamente con teli specifici e ad interrare la parte rinvenuta per garantirne la corretta conservazione. 

Nella parte Sud, gli archeologi si aspettano di trovare il fronte, il prospetto principale, ovvero ciò che i sarsinati dell’epoca vedevano salendo le gradinate che davano le spalle a piazza del foro. Si tratterebbe della parte frontale con colonne enormi e frontone triangolare (timpano), il quale probabilmente ospitava le statue.
L’unico problema che ha interessano anche il resto dei ritrovamenti, riguarda il livello di conservazione: sappiamo che il colonnato sarà mancante, ma sarebbe utile capire come funzionava il gradinato, sicuramente monumentale e fatto di pietra. Infatti, il podio era alto e per arrivare alle celle era necessario superare la quota tra il lastricato della pavimentazione e l’altezza del podio. La grande speranza è quella di trovare l’accesso al Tempio, ma vi è un limite ristretto degli scavi perché fuori da tale perimetro si trovano le abitazioni.

 

A chi spetta la decisione di un’eventuale esposizione pubblica 

In genere, gli accordi sono sempre presi in maniera collegiale poiché vi sono diversi interessati: il Comune, i privati, la tutela della Soprintendenza che ha la direzione ministeriale dell’area. Quasi mai si tratta di una scelta presa esclusivamente dal Ministero. La scelta deve comunque far fronte ai circoli scientifici e all’opinione pubblica nazionale e internazionale.

 

 

Una scoperta di tutti

 

Possiamo concludere dicendo che questa scoperta appartiene a tutti i cittadini, che sono chiamati al rispetto e alla conservazione di ciò che è un vero patrimonio, sono chiamati a vederne anche l’aspetto turistico ed economico per il paese, basti pensare che negli ultimi 6 mesi le presenze al Museo Archeologico Nazionale di Sarsina sono raddoppiate. E allora non ci resta che aspettare il completamento degli scavi e di ammirare i resti che parlano del nostro passato, parlano della storia antica di Sarsina, e danno voce a chi un tempo ha calpestato questo suolo, danno voce a “un Tempio che fu”.